Il beach soccer è uno degli sport più spettacolari al mondo, non esiste altra disciplina in cui si segnano nove gol di media a gara, ogni trenta secondi c’è un tiro in porta e si gioca con il sottofondo musicale. Per regalare al pubblico queste emozioni si lavora e tanto, lo sa bene il mister dell’Happy Car Sambenedettese Oliviero Di Lorenzo, l’allenatore più titolato in Italia negli ultimi sette anni, il coach che detiene il record di longevità sulla panchina dello stesso club dopo Emiliano Del Duca con il Terracina ora ct della Nazionale. Chi meglio di mister Di Lorenzo può spiegarci il fenomeno Samb ed i segreti di uno sport in costante crescita.
La Samb ha conquistato otto titoli negli ultimi sette anni, nove con lo scudetto femminile del 2019, nessuno ha fatto meglio in questo lasso di tempo. Qual'é il valore aggiunto che vi ha fatto centrare questo obiettivo?
“Sicuramente la programmazione come società e staff tecnico. Siamo meticolosi nella preparazione, curiamo ogni particolare, aggiungiamo sempre qualcosa di nuovo in ogni stagione per stare al passo con i tempi, nella parte atletica e in quella tattica”
Tanti giocatori hanno iniziato la carriera con voi diventando i migliori nel panorama mondiale, sia italiani che stranieri. Come si crea un campione?
“E’ un aspetto che mi rende orgoglioso, scoviamo giocatori quasi sconosciuti, li alleniamo per renderli completi sotto ogni aspetto. Potrei fare tanti esempi ma sono troppi, ognuno a modo suo con noi ha espresso tutto il suo potenziale. E’ merito di tutto lo staff della Samb con idee di gioco precise che danno un valore aggiunto ai giocatori, spesso cambiando la mentalità del beacher che scopre se stesso attraverso il lavoro”.
La Samb è una società a misura di famiglia ma con campioni di caratura mondiale, come siete riusciti a conciliare questi due aspetti?
“Siamo dei professionisti a cui piace creare un clima di famiglia, gente che lavora sodo in maniera seria, facciamo le cose per bene. I big players che giocano con noi si rendono conto del clima positivo e si affezionano a questa società. La nostra serietà è la loro garanzia, l’armonia di un ambiente familiare fa il resto, ogni giocatore alla Samb si sente a suo agio”.
Mister, com’è nata questa passione?
“E’ nata per gioco, quasi per caso. Un giorno insieme a mio figlio Matteo siamo andati a vedere una partita degli Europei nella beach arena di San Benedetto del Tronto, è stata una folgorazione. E’ stato amore a prima vista per uno sport, acrobatico, atletico, fisico, una disciplina che racchiude tutto in sé. Così è partita la mia avventura nel beach soccer ed è nata la Samb”.
Dal 2009 ha sempre allenato la Samb, nessun altro coach dell’attuale Serie A ha centrato questo record di longevità con la stessa società. Come avete creato questa alchimia?
“E’ un rapporto viscerale difficile da spiegare, sono uno dei fondatori di questa società, la sento mia come gli altri dirigenti. Negli anni ho avuto altre richieste, non mi ha mai sfiorato l’idea di lasciare questo club che è una sorta di seconda famiglia per me. Troppo affetto mi lega alla Samb ma anche un progetto sportivo che non voglio interrompere. Al massimo mi sarebbe piaciuto allenare qualche club europeo per arricchire il mio bagaglio d’esperienza. Chissà che un giorno non avverrà”.
La Samb ha giocato undici campionati di fila migliorando anno dopo anno. C’è una filosofia precisa dietro a questo percorso?
“C’è il lavoro di uno staff che non è mai sazio, ci miglioriamo anno dopo anno, ci rinnoviamo per tenere alto l’entusiasmo e le motivazioni. Crescono i giocatori insieme allo staff. Guardiamo tutte e dico tutte le partite in Italia e nel Mondo per avere cognizione di ogni novità riguardo soprattutto le metodologie di allenamento, le situazioni tecnico tattiche nuove, ci piace sperimentare. Siamo in continua evoluzione”.
Dal 2009, anno di fondazione della Samb, o da quando allena in generale nel beach soccer, ad oggi, questo sport è cambiato molto, in quali aspetti?
“In Serie A non ci sono più squadre approssimative, sono tutte organizzate, il livello si è innalzato molto. Tutti i club hanno una precisa identità e sono preparati sotto l’aspetto atletico, tecnico e tattico. Questo sport è cresciuto molto a 360 gradi. La tattica è la componente che più si è evoluta. Tutte le società di Serie A sono preparate, gli stessi giocatori hanno più nozioni e conoscenze del gioco”.
Qual è il ricordo più bello di questi 11 anni con la Samb?
“Ce ne sono talmente tanti che è difficile rispondere, ci siamo tolti grandi soddisfazioni. Abbiamo vissuto delle proprie e vere favole irripetibili, ognuna unica a modo suo. Storie che non riuscivamo neanche a pensarle tanto sono state belle. Il triplete centrato nel 2017 l’anno dopo non esserci qualificati per le finali, l’accoppiata Scudetto maschile e femminile nel 2019, la prima Coppa Italia alzata nel 2013, il nostro primo trofeo in assoluto. Se ne devo scegliere uno allora scelgo la finale scudetto vinta con il Catania davanti al nostro pubblico. Durante la sfida ci siamo trovati sotto 5-1, poi una serie di colpi di scena e il gol decisivo all’extra time, lo stadio è esploso di gioia, abbiamo conquistato uno Scudetto epico. Centrammo un triplete che ora penso sia quasi impossibile per qualsiasi società ripetere tanto è alto il livello delle squadre rispetto al passato”.
La Samb che ha centrato il triplete nel 2017
C’è un giocatore allenato, italiano o straniero, che l’ha stupita per la crescita a 360 gradi come beacher?
“Sono tanti i ragazzi che sono arrivati da noi quasi sconosciuti e poi sono diventati top players, parliamo di campioni del calibro di Jordan, Lucas, Nelito, Eudin e Josep jr. Forse quello che è migliorato maggiormente con noi arrivando in vetta al mondo è il portoghese Jordan. Un beacher completo che ha vinto tutto con i club e la Nazionale fino ad essere incoronato il miglior giocatore in assoluto”.
Cos’ha di speciale il beach soccer? Perché un ragazzo dovrebbe iniziare a praticare questa disciplina?
“Ha tanto di speciale, permette agli atleti di esprimersi in tutto, con tempi di reazione veramente ridotti. E’ una disciplina complessa e avvincente, bella da vedere e da giocare. Credo che abbia ampi margini di miglioramento perché guardare una partita di beach soccer è entusiasmante, un giovane se ne innamora subito. Vale per chiunque di qualsiasi età e sesso. Nel caso di San Benedetto del Tronto, tanta gente che è venuta per la prima volta a vederci poi non ne ha potuto più fare a meno”.
Giocare a beach soccer fa bene soprattutto alla crescita dei giovani. I tempi di reazione di questo sport aiutano molto un ragazzo. E’ una disciplina dinamica, devi prendere decisioni in una frazione di secondo quindi un giovane migliora anche cognitivamente. Un giocatore deve avere coraggio per tentare una giocata acrobatica, un aspetto che sviluppa la personalità di un ragazzo. Sono certo che il beach soccer ha tutto per creare settori giovanili forti. Non dimentichiamo poi che grazie a questo sport un ragazzo può viaggiare per il mondo, fare esperienze nuove, conoscere culture diverse e crescere come persona non solo come atleta”.