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In Serie A è attualmente il quinto per distanza media percorsa con 11,336 km a partita, ma di strada ne ha fatta tanta di più dal quel 4 giugno 2016 quando regalò alla Lombardia il primo titolo Giovanissimi al Torneo delle Regioni. Parliamo di Nicolò Rovella, uno dei migliori talenti italiani emersi in questo inizio stagione che sta trovando nella sorprendente Lazio di mister Baroni l’ambiente ideale per la sua definitiva consacrazione. Il nuovo idolo della tifoseria biancoceleste, che ha già battezzato “Rovellismo” il suo modo di giocare a tutto campo, ha convinto anche Spalletti a convocarlo per gli impegni in Nations League contro Belgio e Francia. Non una chiamata tanto per fare da comparsa, perché giovedì sera a Bruxelles il ct azzurro ha deciso di schierarlo titolare nella gara decisiva per blindare il passaggio del turno alla sua prima in assoluto in nazionale maggiore.
Un attestato di fiducia mica banale per il classe 2001 di Segrate che può continuare a sognare: «Sono cresciuto a San Siro, vicino allo stadio. Da bambino lo guardavo e speravo un giorno di poterci giocare. La casa dei miei genitori è distante cinque-dieci minuti a piedi – ha dichiarato Rovella in una recente intervista a Rai Sport - Il giorno in cui ho esordito in Serie A (Inter-Genoa 4-0, il 21 dicembre 2019) mio papà dopo la partita era fuori ad aspettarmi. Sono uscito dagli spogliatoi senza salire sul pullman e siamo tornati a casa a piedi. È stato bello, mi ha ricordato quando andavamo insieme a vedere la Nazionale».
Ora che toccherà a lui entrare con quella maglia nella Scala del Calcio (tutto esaurito per il match di domani sera contro i Bleus), è interessante osservare la parabola ascendente di un ragazzo che già a quattordici anni, all’epoca tesserato per l’Alcione, aveva fatto intravedere tutto il suo potenziale al Torneo delle Regioni in Calabria nel 2016. Proprio un suo gol su punizione in pieno recupero nella finale contro il Lazio al CFF di Catanzaro permise alla rappresentativa Giovanissimi della Lombardia di andare ai supplementari e poi vincere il titolo ai rigori, realizzando tra l’altro anche il terzo penalty decisivo. La manifestazione simbolo della LND, alla quale ha partecipato nel 2013 anche il capitano azzurro Gianluigi Donnarumma, è stata una tappa importante per l’inizio della sua carriera professionistica che oggi recita già ben 104 presenze all’attivo in A tra Genoa, Juventus, Monza e Lazio.
Ne ha parlato così Vito Lasalandra, all’epoca suo allenatore nella rappresentativa del Comitato Regionale: «Quel torneo fu un’esperienza bellissima sia a livello agonistico che umano, in Calabria si creò un’alchimia speciale tra i ragazzi e lo staff. Iniziammo a fare le selezioni a novembre 2015, mi accorsi subito di lui: bravissimo tecnicamente, dinamico, calciava come uno non di quella età. Era indietro fisicamente, però dimostrava già una grande personalità. Gli addetti ai lavori mi chiamavano spesso per i calciatori di quel gruppo, ma nessuno chiedeva mai di lui. Io diventavo matto: ‘come fate a non vederlo?’ dicevo. Mi rispondevano sempre che non fosse strutturato abbastanza. Poi un giorno mi chiamò un amico che lavorava al Genoa, io gli parlai di Rovella: ‘Milan e Inter non lo calcolano, facci un pensierino».
Dopo quel successo Lasalandra entrò nello staff del settore giovanile del Monza. Poi, nel 2022, si ritrovarono nello stesso club: «Quando lui arrivò qui ci riabbracciammo subito, fu molto bello. In Calabria lo feci giocare sempre titolare tranne in finale, volevo tenerlo come carta a gara in corso. Funzionò, ma a distanza di tanti anni la prima cosa che mi ha detto scherzando è stata ‘mister sono ancora arrabbiato con te che non mi hai messo dall’inizio’. Sempre ai tempi della sua stagione a Monza, l’Under 15 regionale venne a giocare un’amichevole: finito l’allenamento con la prima squadra, lui corse a salutare lo staff della rappresentativa ricordando con emozione quei giorni in Calabria. E’ davvero un ragazzo umile con dei principi importanti, gli auguro il meglio».